Quanto dolore può sopportare un uomo, e quanto può infliggerne? Sembra essere la domanda sottesa a “Stoner” di John E. Williams, romanzo rivelazione di questi ultimi mesi, pubblicato in realtà per la prima volta nel 1965, con poca fortuna. Capita in letteratura, che un romanzo o uno scrittore vengano dimenticati per lungo tempo e improvvisamente vivano una nuova vita, come “Stoner” che pochi anni fa è stato ripubblicato dalla New York Review Books, suscitando un costante e crescente interesse da parte della critica e dei lettori.
Nel titolo (il cognome del protagonista) c’è già tutto, il principio e la fine di un uomo, il suo percorso dignitoso e solitario, le sue difficoltà e il suo riscatto. Stoner è l’unico figlio di una coppia di contadini, poveri e ignoranti, a cui viene assegnata una borsa di studio per studiare agraria e tornare così alla lavorazione della terra con una più moderna attitudine. Assiste passivo e senza interesse alle lezioni, finché durante una lezione di letteratura inglese, obbligatoria per il suo corso di laurea, ascoltando il suo professore leggere un sonetto di Shakespeare, ha una vera e propria epifania, si sente quasi male perché per la prima volta nella sua vita conosce la Bellezza, e la consapevolezza precisa di ciò che vuole nella vita, studiare e vivere all’interno di quel microcosmo duro e affascinante che è l’università.
Ma il rigore e la dedizione che caratterizzano d’ora in poi la sua vita professionale sembrano lasciare un vuoto nella vita privata, che Stoner vive con una sorta di rinuncia e mancanza di convinzione. Scambia per amore l’infatuazione per una strana ragazza di ottima famiglia, la sposa nonostante tutto lasci intendere che lei non lo ami o non abbastanza, e da quel momento accetterà da questa moglie, probabilmente con problemi psichici, tutto quello che lei gli imporrà, senza cercare mai di far valere anche la sua volontà o prendere decisioni, e senza mai adoperarsi per comprenderne il disagio e cercare di aiutarla. Un rapporto fatto di nulla e di dolore, anche quello che infligge la passività di un marito che rinuncia a lottare per la sua famiglia.
La vita di Stoner è tutta nei suoi libri e nell’insegnamento, in una costante ricerca di conferma di quella immagine di bellezza conosciuta da studente, e nello sforzo non sempre ripagato di trasmetterla ai suoi studenti; ma anche nella professione gli ostacoli non saranno pochi, soprattutto per un’inspiegabile avversione del suo capo dipartimento, che durerà ben 25 anni, e a cui Stoner sarà capace di resistere tenacemente. Perché di Stoner ci avvince non solo la passione per i libri e la lettura, e il desiderio di conoscere e far conoscere, ma anche la sua dignitosa accettazione di quanto non è in grado di controllare e cambiare nella vita.
La trama in realtà non ha grande importanza, John E. Williams ci fa seguire passo passo la vita apparentemente comune di un uomo che continuamente si confronta con la consapevolezza dello scarto tra la Bellezza cui aspira, e la volgarità e la piccineria dei rapporti familiari e professionali. Ma la scrittura limpida e sobriamente elegante, sostenuta da una tensione costante, diventa l’Avventura della vita di Stoner, dandogli quel riconoscimento e quel rispetto che nella vita reale raramente vengono attribuiti.
Non tutto fila liscio nel romanzo, il personaggio fragile, ostinato e malandato della moglie di Stoner non è sempre convincente. Ma certo quando poi si arriva all’epilogo e la narrazione si sposta dall’esterno alla vita intima di Stoner, e diventa la sua coscienza che si prepara alla morte, siamo consapevoli di trovarci davanti a qualcosa di grande, che riscatta anche quanto non ci ha convinto nel libro, oltre alla vita stessa di Stoner; la forza, la lucidità e la pacatezza con cui Stoner accetta la sua fine e ripensa la sua vita toccano l’animo come solo la grande letteratura è capace di fare.
“Stoner” di John Edward Williams
Fazi Editore, 2012
Nessun commento:
Posta un commento