paroleprecise

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15 ottobre 2013

Il tradimento del mio sogno rock


Tutti contro tutti. C’è fermento nel mondo editoriale rock italiano, se ne dicono di tutti i colori dai profili fb o dai blog. Eddy Cilìa e Federico Guglielmi contro Max Stefani che è contro Daniela Federico. Per soldi. Ma io sono una nostalgica e lo vivo come un tradimento, il tradimento del mio personale sogno rock. Perché una band può sciogliersi, un rocker può invecchiare, ma il gruppo di menti che ha nutrito e educato la tua passione rock, quello resta compatto nella memoria e nella storia.

Il primo numero di Mucchio Selvaggio l’ho comprato nel 1981, su suggerimento di non ricordo chi. Una rivelazione. Qualcuno parlava e scriveva di ciò di cui avevo bisogno, musica (rock, ovvio), libri e cinema, e più non conoscevo nemmeno lontanamente i gruppi di cui si parlava, più ero sicura che quello era ciò che volevo conoscere. E poi ho comprato Nebraska e tutto ha trovato il suo perché. 

Ho acquistato e letto ininterrottamente Mucchio Selvaggio per circa 20 anni, e poi le sue costole, Rumore e Velvet, e ogni volta aprivo con ansia quella rivista così ben stilata, coi colori e i caratteri giusti, e le recensioni fatte col cuore, e gli articoli di decine di pagine dedicati a gente che in Italia conoscevamo in pochi. Passione e orgoglio. Per primi gli articoli di Blue Bottazzi e Maurizio Bianchini, e poi Cilia e tutti gli altri, e Max Stefani il direttorissimo, sempre sopra le righe. Il Mucchio Selvaggio ha dato un posto a tanti di noi, ci ha rassicurati e indirizzati nelle passioni e nei gusti, roba da litigare per una recensione troppo generosa o per la commercializzazione di una indie rock band passata a una major, o per le troppe copertine ai Gang.

E poi nel 1986 il cerchio si è chiuso quando smanettando sulle manopole della radio ho sentito due pazzi (Paolo Mazzullo e Franz Andreani) che dopo aver mandato In a lifetime di Bono, pezzo che amavo, ne parlarono malissimo, e giù a prendere in giro chi ascoltava quella roba melensa e a passare qualunque cosa di cui leggevo sul Mucchio e non ascoltavo mai per radio. Seconda rivelazione. Radio Rock non solo faceva ascoltare musica rock, alternativa indie e tutto il resto, ma osava anche dire questo pezzo fa schifo in un mondo in cui ogni pezzo passato per radio diventa automaticamente straordinario. Più lasciati neanche loro, neanche quando gli manomettevano gli impianti, e si facevano prestare frequenze da qualche radio amica e partivano le collette per risistemare gli impianti, roba da sfigati che di più non si può, o quando Paolo Mazzullo (il direttore storico, morto nel 2010), si lanciava in improbabili quanto pittoreschi sermoni di natura politica.
Perché poi arrivava il sabato e alle 16 partiva la Cavalcata delle Valchirie che si trasformava in Roadhouse Blues dei Doors, mitica sigla delle due ore spettacolari di Prince Faster (dj storico di Radio Rock), che d’estate, romantico, si divertiva a iniziare con Tequila Sunrise degli Eagles, e poi martellava coi gruppi più potenti e alternativi che gli girava di passare.


Finito. Tutto finito in liti di cortile, per soldi al Mucchio Selvaggio, per altro forse a Radio Rock. Era il mio mondo perfetto, in cui perfetti sconosciuti erano uniti in un ideale superiore e romantico, in cui il rock avrebbe salvato le nostre vite, e io ci avevo creduto, che fosse proprio come in un brano del Boss. Non voglio sapere perché Max Stefani e i suoi ex collaboratori si tirino veleno dai profili fb, o perché Prince Faster abbia mollato Radio Rock.  Non lo voglio sapere, perché   il mio sogno rock'n'roll non c'è più oramai.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Solo due precisazioni: non pretendo soldi da nessuno e sono stato tradito come te.

paroleprecise ha detto...

ti rispondo solo GRAZIE! anche se non ci conosciamo, anni di letture e formazione valgono quanto e più di un'amicizia, e mi scuso se non sono stata precisa,
Anna

blutoblutarsky ha detto...

il rock è tale per definizione finchè non diventa fonte di lavoro e -ancora peggio- di guadagno, perché da quel momento le dinamiche diventano pop.