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13 luglio 2013

Law & Order Svu. Una riflessione

Law & Order SVU (Special Victims Unit) nasce da una costola dell’originale Law & Order, giunto negli Usa alla 20^ stagione di enorme successo.


L & O Svu si occupa principalmente di delitti a sfondo sessuale perché, come recita l’inizio di ogni telefilm, ‘Nel sistema giudiziario statunitense, i reati a sfondo sessuale sono considerati particolarmente esecrabili. A New York opera l’Unità Vittime Speciali, una squadra di detective specializzati che indagano su questi crimini perversi. Ecco le loro storie’. Nasce dunque con le migliori intenzioni: focalizzare l’attenzione su reati orrendi, osceni, commessi contro le donne e i minori, visti dalla parte delle vittime, con una equipe di investigatori e magistrati che lavora per questi particolari crimini. Il team è guidato da due personaggi divenuti popolarissimi, Olivia Benson, ossia la bella e carismatica attrice Mariska Hargitay, e il suo severo collega Elliot Stabler (Christopher Maloni). E poi il colto detective Munch (Richard Belzer) e Ice T che interpreta il detective Tutuola.

Lo stile della serie rispecchia in parte quello della serie madre, ma in SVU il peso del tribunale e del processo è minore rispetto a quello delle indagini e delle storie di vittime e detective.

Stupri e violenze di ogni genere, i comportamenti più aberranti, niente viene risparmiato allo spettatore, in una serrata caccia al colpevole attraverso uno schema ricorrente: ritrovamento della vittima, esaustiva descrizione della violenza o della modalità dell’uccisione, 3 o 4 situazioni sospette che riguardano la sua vita in cui indagare per cercare il colpevole, che alla fine viene trovato e condannato, non prima di un bell’interrogatorio dal forte timbro moraleggiante fatto dagli appassionati detective. Il successo è dovuto alla giusta alchimia tra la bravura degli interpreti, la perfetta connotazione dei personaggi, l’equilibrio con la vita privata dei protagonisti, mai troppo esibita, e sempre funzionale al plot, nei chiaroscuri della fotografia e in una New York dove il male è sempre in agguato, ma dove viene anche scovato e punito. Ma puntata dopo puntata, arresto dopo arresto, il meccanismo mostra crepe dovute non tanto ad un calo di tensione narrativa o dei protagonisti, anche se ci sono stagioni o episodi meno felici; il fatto è che quello che all’inizio sembrava un lodevole intento, togliere il velo all’ipocrisia che circonda il delitto sessuale e rendere protagoniste le vittime, in realtà sembra svelarsi come un mero strumento di narrazione, un alibi per sfruttare e mostrare ogni tipo di abiezione morale e mentale. La parola “stupro” è menzionata decine di volte all’interno di un episodio, la modalità del delitto è morbosamente descritta, e decine e decine di vittime continuamente abusate stuprate o indicibilmente uccise vengono mostrate solo come corpi, violati e violabili. 

L’atteggiamento moralistico dei detective, in particolare di Elliot Stabler, è la paternalistica reazione della buona società all’efferato crimine, e prendere il colpevole è il premio dei benpensanti per essere dalla parte del bene contro il male. Non si può pretendere da una serie televisiva di successo nulla di più che essere un buon prodotto televisivo, ma se lo scopo del prodotto è focalizzare l’attenzione sul dramma dello stupro, la riflessione sul rapporto tra tv e corpo delle donne non può che portare ad un esito ambiguo sulla rappresentazione mediatica della violenza di genere.




2 commenti:

CLA ha detto...

Fantastica serie. E Mariska Hargitay è molto bella e supertalentosa.

paroleprecise ha detto...

concordo, sono una superfan di Mariska!